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  • Da: Assostampa FVG
  • dicembre 12, 2006

Libro bianco sul lavoro nero

ROMA Uno, a trent’anni, collabora a tempo pieno (”spesso anche la domenica”) per una grande agenzia di stampa e viene pagato 800 euro lorde, da cui detrae Inpgi2, spese lavorative, telefonate ecc, tanto da chiedersi ”come faccio a pagare le bollette, le rate del motorino e l’affitto di casa”. Un’altra scrive per un giornale locale che non la paga da sei mesi, e non si sa quando e se lo farà. E c’è chi addirittura ha già versato le ritenute d’acconto sugli articoli (oltre 200 euro), ma non ha visto ancora un soldo, e in pratica paga per lavorare. Senza contare chi ha investito nella nuova stampa: un quotidiano fresco di nascita, denuncia un collaboratore, paga 18 euro per un articolo di apertura, 8 per una spalla e 3 euro per una breve.
Sono solo alcune delle voci – amareggiate, sarcastiche, a tratti disperate – che compongono il ”Libro bianco sul lavoro nero”, redatto per il secondo anno dalla Federazione della stampa e presentato ieri a Roma alla presenza del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria Ricardo Franco Levi e del presidente della Camera Fausto Bertinotti. Dal libro, arricchito dai contributi di Lucia Annunziata, Oliviero Beha, Giorgio Bocca, Sandro Curzi, Massimo Fini, Milena Gabanelli, Giovannni Valentini e Bruno Vespa, emerge un inquietante spaccato sul mondo dell’informazione in Italia, che troppo spesso si poggia su un sistema di utilizzo del precariato che sfocia nello sfruttamento, senza garanzie contrattuali di alcun tipo.
Con il doppio risultato, denuncia il rapporto, di impedire a una parte cospicua di una generazione di ”farsi una vita”, e di rendere sempre più soggetta a controlli e censure un’informazione indebolita dalla mancanza di diritti e di tutele. ”Il precariato e il lavoro nero – ha ricordato il segretario della Fnsi, Paolo Serventi Longhi – sono i temi centrali della piattaforma che abbiamo presentato agli editori. Problemi drammatici, confermati dalle cifre: sono oltre 23.000 gli iscritti alla gestione separata dell’Inpgi, quella riservata ai ‘lavoratori autonomi': più del doppio di quelli che hanno un lavoro dipendente. Senza contare la vasta area dell’elusione. È il lavoro dipendente – ha aggiunto – che si va spostando verso il precariato”. Un tema, denuncia Serventi Longhi, al quale gli editori sono sordi: ”Chiediamo loro di stabilire alcune regole fondamentali, come fissare un compenso minimo, ma la risposta è l’impossibilità di trattare. In pratica ci dicono di non immischiarci, i free lance sono un problema loro”.

Una posizione ancora più incomprensibile, aggiunge Serventi Longhi, se si tiene conto che ”i bilanci degli editori vanno a gonfie vele: nei primi nove mesi del 2006 il fatturato del settore stampa è cresciuto del 3,7 per cento, con punte del 5,5 per cento per i periodici e del 10,6 per i free press”. Una realtà a cui il governo non è insensibile, ha assicurato Levi: ”Il precariato è la grande malattia della società italiana. Noi siamo impegnati da un lato a spingere le parti (editori e giornalisti) a sedersi attorno al tavolo del dialogo, dall’altra a presentare nei prossimi mesi in parlamento una riforma organica dell’editoria che tenga conto di questo problema”.

L’Assemblea nazionale dei giornalisti precari e freelance ha approvato il seguente ordine del giorno:
“L’Assemblea dei giornalisti precari e dei giornalisti freelance riunita a Roma l’11 dicembre 2006
SOTTOLINEA
il momento difficile di tutta la categoria senza contratto da 651 giorni.
RIBADISCE
il proprio impegno a sostenere tutte le iniziative di lotta sindacale, garantendo la partecipazione attiva insieme ai colleghi contrattualizzati.
ESORTA
i vertici della Fnsi a continuare la battaglia anche per la tutela del lavoro autonomo, ricordando che i diritti dei lavoratori autonomi, sempre più sfruttati e ricattati, coincidono con la salvaguardia dell’intera categoria e della libertà d’informazione.”