a cura di DANILO SOLI
Il 5 maggio 1913 nasceva l’Associazione della Stampa Italiana a Trieste. In quella data, indubbiamente storica, si svolse infatti, ancora in piena dominazione asburgica, la prima assemblea costitutiva in una sala della società “La Previdenza” in via Valdirivo. Tra i presenti erano Antonio Battara, che fu eletto presidente, Polidori Polidori, che divenne segretario e tale rimase finché visse, Giulio Cesari, Giulio Piazza, Silvio Benco, Giuseppe Stefani, Mario Alberti, Mario Nordio, Alberto Gentilli, Giuseppe Volpe, Nicolò Bacichi, Antonio Pittani, Guido Morpurgo e Bruno Astori, quasi tutti de “Il Piccolo”, nonché Vittorio Tranquilli, redattore unico dell’ “Indipendente” e futuro direttore del “Giornale di Trieste” e i collaboratori culturali Gian Giacomo Manzutto, Ario Tribel ed Ermanno Curet.
Importante inoltre la presenza di Rodolfo Kraus, pubblicista e assicuratore, il quale era a capo di un Sindacato dei corrispondenti di giornali che già da più di un anno era stato “autorizzato” dalla Luogotenenza del Litorale e aveva avuto come primo presidente un giovane istriano, poi diventato storico illustre, Attilio Tamaro. Di nomi illustri ce n’erano tanti anche nell’Associazione, pure “autorizzata” dalla Luogotenenza, tra cui è da ricordare particolarmente Bruno Astori, custode di queste memorie, il quale è stato poi presidente della Giuliana in due periodi, vice presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana e presidente del Circolo della Stampa di Trieste nella nuova sede di Corso Italia 12; ma soprattutto uno degli artefici della rinascita della flotta mercantile italiana, a capo delle relazioni pubbliche della Finmare. Come un grato pensiero va a Mario Nordio, che era stato in Libia, il più giovane corrispondente italiano di guerra e poi sarà sul Carso, prezioso ufficiale dell’ “intelligence” grigioverde, per diventare infine amato, ultracentenario decano della categoria.
In quel lontano 1913 c’era a Vienna una forte Federazione della Stampa Austriaca, ma nessuno dei triestini si sognò di aderirvi; anzi, già nel ’12, allorché a Venezia si preparava il Congresso nazionale della Stampa Italiana, si chiese di potervi partecipare, ma lo statuto non lo permise. La nuova Associazione ebbe sede in una stanzetta dell’ “Indipendente” e poi si trasferì in due stanze di via San Francesco, dove svolse attività modesta, ma dinamica fino all’entrata in guerra dell’Italia, nel 1915, quando, con la distruzione de “Il Piccolo”, anch’essa fu soppressa da un’implacabile provvedimento di polizia. Molti soci, passato clandestinamente il confine, furono soldati sul Carso, qualcuno corrispondente con le truppe italiane, altri internati nei lager austriaci.
Liberata Trieste nel novembre 1918, già il 5 dicembre, nella sede della “Nazione”, in piazza Santa Caterina, si riunirono i colleghi Bacichi, Benco, Cesari, Lunardi e Morpurgo per promuovere la rinascita dell’Associazione, ciò che avvenne il 25 gennaio del ’19. C’erano Stefani e Nordio in grigioverde, assieme a Umberto Di Bin e Carlo Tigoli, futuro direttore del “Messaggero Veneto”, Marcuzzi e de Dolcetti, tornati dai lager, colleghi istriani e fiumani, come Armando Odenigo e Marco Di Drusco, e altri delle vecchie province, come Francesco Paoloni e Rino Alessi, il quale diventerà direttore e poi proprietario de “Il Piccolo”.
Diverse le sedi successive, dall’Albergo Savoia al Teatro Verdi, presidenti Attilio Schiavoni e il venerando Riccardo Zampieri, che aveva diretto l’ “Indipendente”. Cambiarono i tempi e il sodalizio si trasformò in Sindacato fascista dei giornalisti di Venezia Giulia e Dalmazia, comprendendo anche Zara e avendo per otto anni Michele Risolo alla presidenza; poi, per quattro anni, un’amministrazione tecnica commissariale di Bruno Astori, il quale si dimise l’8 settembre ’43, e infine di Donatello d’Orazio e Costante Pizzarello nella città occupata dai tedeschi, fino al 30 aprile ’45.
Nel dopoguerra, fu nel settembre 1945, con l’impulso di un combattivo sacerdote, il pubblicista Giorgio Beari, che si ebbe la ricostituzione in Associazione della Stampa Giuliana, sotto gli alleati. Questa volta non ci furono divieti, ben prima della seconda redenzione, al ritorno in seno alla Fnsi, ancorché con giurisdizione limitata (l’Istria era perduta e la Friulana, assieme ai goriziani, era legata alla Veneta), e nel ’46, al Congresso di Palermo, con l’intento di onorare Trieste, Vittorio Furlani, direttore della “Voce libera”, fu eletto vice presidente nazionale. Fu Bruno Astori, succedendo nella presidenza a Beari e nella prestigiosa carica federale a Furlani, a concretare la rinascita negli ideali nazionali e democratici; poi dal ’49, per otto anni, spettò all’autorevole guida di Mario Grassi, tra l’altro fondatore del gruppo della stampa sportiva, pilotare la Giuliana in anni difficili, fino al ritorno alla Madrepatria e alla vigilia del sesto Congresso nazionale della Stampa.
Fu un’assise indimenticabile per tanti risvolti emotivi, in cui la Giuliana, appena passata nelle mani di un nuovo, giovane presidente, Stelio Rosolini, affermò decisamente il suo ruolo prioritario nel panorama del giornalismo italiano, che la vide da allora punto di riferimento per l’unità sindacale contro ogni spinta separatista. Rosolini tenne la presidenza per nove anni, trovando la prestigiosa sede di Corso Italia per il Circolo della Stampa e tutti gli organismi di categoria e sostenendo l’opera di Giorgio Milossevich, generoso fiduciario dell’Inpgi, per realizzare le case dei giornalisti, poi sorte in via Amendola, prodigandosi inoltre per superare i non facili problemi per adeguare il sodalizio alla nuova realtà (1964) della Regione. Questi non erano ancora risolti quando lasciò il timone a Manlio Granbassi, che lo tenne però brevemente per passarlo poi, nel ’66 al presidente dei Cronisti Danilo Soli, che già da dodici anni ricopriva incarichi di responsabilità nell’Associazione.
Erano anni di grandi cambiamenti strutturali nell’informazione, con l’avvento della televisione (e poi di radio e tv private), con nuove tecnologie sempre più sofisticate e altri fenomeni, che spingevano le Associazioni e una sempre maggiore sindacalizzazione, facendo dei contratti di lavoro e dei Comitati di Redazione punti prioritari e delegando altre attività ai gruppi di specializzazione e ai Circoli della Stampa, mentre nasceva nel ’63 l’Ordine professionale e la difesa dell’Inpgi diveniva garanzia di libertà. Problemi che, con l’indifferibile soluzione locale dell’inserimento della stampa friulana e dei colleghi di lingua slovena, assieme all’ampliamento dei rapporti internazionali, aprivano nuovi impnegnativi scenari per la presidenza Soli, destinata a durare vent’anni, fino all’86.
Successivamente, sono stati presidenti dell’Associazione della Stampa del Friuli Venezia Giulia i colleghi Giorgio Pison (’86-’88), Fulvio Gon (’88-’96), Guido Vitale (’96-’98), Miro Oppelli (’98-2000), Rino Giusa (2000-2001), Carlo Muscatello (dal 2001).