REPUBBLICA E STAMPA, LA FINE DI UN GRANDE GRUPPO
Dopo aver creato con Gedi il più grande gruppo editoriale del Paese, con testate storiche nazionali e locali, oggi John Elkann e Exor stanno consumando una irresponsabile fuga dall’editoria italiana. L’ultimo atto è la vendita di La Repubblica e La Stampa, assieme a Radio Capital, Deejay, m2o, Huffington Post, i periodici e le attività online. La dismissione frettolosa di un gruppo editoriale che è stato incapace di sviluppare progetti solidi e prospettive per l’informazione e per centinaia di dipendenti. La Repubblica potrebbe essere ceduta al gruppo Antenna del magnate greco Kyriakou: trattativa confermata nei giorni scorsi, ma preceduta da mesi di smentite, come usuale, peraltro, da parte di Gedi. Insieme a Repubblica sarà dismesso tutto l’asset, dalle radio alle attività digitali, questi due settori unico vero interesse dell’acquirente greco. Imprenditore che in altre società ha come socio d’affari anche il Fondo Sovrano Saudita. Anche La Stampa sarà ceduta, ma per la testata di Torino, Gedi ha comunicato al Cdr che non esiste ancora un compratore definito, trattando un giornale con 150 anni di storia come un peso di cui liberarsi velocemente. Da quando Elkann ha voluto acquistare il gruppo Espresso e i giornali Finegil, per sottrarli alle mire di eventuali concorrenti, è subito iniziato un processo di disgregazione che è stato inarrestabile e che in meno di dieci anni ha sacrificato quotidiani radicati sui territori, ceduti talvolta a editori improvvisati e in alcuni casi inadeguati, non solo dal punto di vista economico. La Fnsi ribadisce invece che il perimetro occupazionale del gruppo, di tutti i lavoratori, giornalisti e non, dovrà essere tutelato secondo le leggi dello Stato e l’articolo 2112 del Codice civile. Una condizione imprescindibile.
La Giunta esecutiva della Fnsi, insieme con le Associazioni regionali di Stampa, è al fianco dei colleghi che in queste ore stanno protestando per le modalità della cessione e per l’incertezza del futuro. La Federazione nazionale della Stampa vigilerà con attenzione sui piani degli acquirenti, sulle prospettive aziendali e sull’avvenire di mezzi di informazione che hanno un peso determinante nel pluralismo e nella democrazia di questo Paese.
L’assemblea delle giornaliste e giornalisti di Repubblica, insieme alle lavoratrici e ai lavoratori degli altri settori, «prende atto con profondo sconcerto dell’annuncio della proprietà della svendita di quel che resta del nostro gruppo editoriale, che in questi anni è stato smantellato pezzo dopo pezzo dall’attuale editore, John Elkann». È quanto si legge in un documento pubblicato ieri anche sul sito web del quotidiano.
«L’assemblea – si legge ancora – decreta lo stato di agitazione permanente con la sospensione immediata della partecipazione a tutte le iniziative editoriali speciali e consegna al Comitato di redazione e alla RSU un primo pacchetto di cinque giorni di sciopero: siamo pronti a una stagione di lotta dura a tutela del perimetro delle lavoratrici e dei lavoratori e dell’identità del nostro giornale a fronte della cessione ad un gruppo straniero senza alcuna esperienza nel già difficile panorama editoriale italiano e il cui progetto industriale è al momento sconosciuto».
Per questo, «l’assemblea ritiene intanto indispensabile che i vertici di Gedi mettano immediatamente sul tavolo delle trattative con l’acquirente garanzie sul mantenimento dei livelli occupazionali e sulla salvaguardia dell’identità politico-culturale di un giornale come Repubblica, che costituisce dalla sua fondazione, 50 anni fa, un pezzo della storia e della politica nazionale».
Incalzano i giornalisti: «Ci impegniamo fin da oggi a combattere con ogni strumento a nostra disposizione per la difesa di queste garanzie democratiche fondamentali per l’intero Paese. In ballo non c’è un semplice marchio, ma la sopravvivenza stessa di un pensiero critico. Per questo faremo appello a tutte le forze sociali, politiche, sindacali e istituzionali oltre che alla comunità dei lettori per avere il loro sostegno nella battaglia che ci attende».
