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  • Da: Assostampa FVG
  • marzo 07, 2004

Contro l’uso delle fonti anonime

WASHINGTON Il quotidiano Washington Post,
che con l’aiuto della misteriosa ‘Gola Profonda’ riuscì a
svelare i misteri del Watergate, ha aumentato le pressioni sui suoi giornalisti perchè rivelino più spesso possibile le fonti dei loro articoli.
Il direttore Leonard Downie, in un insolito articolo sul
giornale, ha spiegato ai lettori la revisione in corso al
Washington Post sulle procedure per l’uso di citazioni dirette, fonti anonime e confidenziali, attribuzione delle informazioni.
La revisione interna è scattata dopo che «una serie di
passi falsi hanno comprensibilmente scosso la fiducia
dell’opinione pubblica nei media».
«La velocità alla quale le informazioni viaggiano al giorno d’oggi richiede decisioni in tempi sempre più rapidi – nota Downie – Noi vogliamo essere i primi a dare le notizie, ma vogliamo anche che tali notizie siano accurate».
Il Washington Post ha così aggiornato le norme interne
sull’uso delle fonti anonime e sulle attribuzioni delle
informazioni «in questa era di voci nate su Internet, di
ipotesi nate nei talk-show, di sofisticati tentativi degli
addetti stampa di manipolare le notizie a loro beneficio».
Il problema principale, per Downie, rimane quello delle fonti anonime. «Continuiamo a ricordare ai nostri reporter che bisogna sempre cercare di porre funzionari governativi e altre fonti di informazione ‘on the record’ identificandoli il più possibile – afferma il direttore del Washington Post – anche quando si debba combattere la tradizionale abitudine di Washington dei ‘background briefing'”.
Downie spiega le differenze di attribuzione dal punto di
vista del giornale: ‘on the record’ significa citazione diretta della fonte; ‘on background’ significa attribuire le informazioni in modo generico (ad esempio ‘un funzionario della Casa Bianca’); ‘deep background’ significa usare le informazioni ma senza poterle attribuire a nessuno; ‘off the record’ significa che tali informazioni non possono essere usate.
Il direttore sottolinea che l’espressione ‘off the record’ è spesso fonte di equivoci. Le fonti spesso intendono dire con tale frase solo che non desiderano essere identificate. Ma per il Washington Post ‘off the record’ ha un significato molto più radicale: è una informazione che non può assolutamente essere
usata dal giornale. Per questo motivo i reporter del Washington Post evitano come la peste questo tipo di accordo con la fonte, per non legarsi le mani.
Downie riconosce che non sempre è possibile nominare le
fonti. «Se Bob Woodward e Carl Bernstein avessero dovuto
nominare tutte le loro fonti nei loro articoli sul Watergate, non sarebbero riusciti a rendere pubblico molto dello scandalo», osserva il direttore. Ma si è creato col passare del tempo un abuso. «La cultura della fonte anonima ha proliferato. Le promesse di confidenzialità riducono i rischi per le fonti ma allo stesso tempo privano il lettore di importanti informazioni», nota Downie.
«Desideriamo che almeno un dirigente del giornale conosca la identità di ciascuna fonte citata in modo anonimo negli articoli, come accadde durante il Watergate, in modo da decidere se tale fonte possa essere usata», scrive Downie.
Nei prossimi giorni il quotidiano comincerà inoltre a
pubblicare numeri di telefono e indirizzi e-mail appositi per dare modo ai lettori di denunciare al giornale errori e
inesattezze. (Ansa)