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  • Da: Assostampa FVG
  • marzo 15, 2004

Giornalisti & perquisizioni

ROMA Una lettera al Ministro della
Giustizia e al Presidente del CSM per richiamare l’attenzione sul mancato rispetto della normativa europea sul divieto di perquisizioni e sequestri ai danni di giornalisti per individuare le loro fonti: l’ha scritta Bruno Tucci, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio e Molise, con riferimento a fatti recenti.
Nella lettera Tucci chiede che siano prese iniziative
necessarie affinchè sia rispettata la normativa e la
giurisprudenza della Corte di Strasburgo che, si sottolinea in una nota, «fa divieto alle autorità giudiziarie dei paesi dell’Unione di ordinare perquisizioni e sequestri ai danni dei giornalisti al solo fine di individuare le loro fonti di informazioni». La lettera è stata inviata al Procuratore generale della Corte di Cassazione in quanto massimo rappresentante della pubblica accusa e al Presidente della Corte Europea dei diritti dell’uomo.
Tucci rileva, nella lettera, «come alcune Procure della
Repubblica del nostro paese continuino ad ignorare l’ormai
consolidata giurisprudenza della Corte Europea di Strasburgo che ha sancito il divieto di perquisire le redazioni e le abitazioni private dei giornalisti al solo scopo di identificare le loro fonti informative».
Nel documento si osserva come la recente perquisizione
ordinata dalla Procura di Perugia nelle redazioni del ‘Corriere della Sera’ e del ‘Messaggero’ e nelle rispettive abitazioni di due giornalisti sia stata solo l’ultima di una lunga serie. Essa segue solo di qualche mese quella operata nelle redazioni di ‘La
Repubblica’ e de ‘Il Giornale’. Tutto ciò, sottolinea la nota dell’ Ordine, «in violazione di quanto deciso dalla Corte Europea che da tempo ha sottolineato come tali iniziative siano fortemente lesive del diritto di informazione regolato dall’art. 8 della Convenzione e dell’art. 10 che tutela il segreto professionale del giornalista».
Nel documento si legge che esse vengono prese, in violazione anche dell’art. 200 del codice di procedura penale italiano, e solo nei confronti di cronisti ‘colpevoli’ di rivelare notizie
coperte dal segreto investigativo quando manca l’avallo e/o
l’interesse della pubblica accusa. E che tali provvedimenti
vengono presi con criteri «non omogenei sul territorio
nazionale per cui ogni Procura ipotizza il reato che è più gli è congeniale». La soluzione preferita è quella di contestare, in modo strumentale e surrettizio, il concorso nel reato di rivelazione di segreti di ufficio «con un pubblico ufficiale – sottolinea la nota – inesistente che l’inquirente non ha alcuna intenzione di individuare e che resterà sempre un illustre sconosciuto. Ciò perchè il vero e unico obiettivo dell’indagine – secondo l’ Ordine – è il giornalista, colpevole di pubblicare notizie non gradite alla pubblica accusa e che molto spesso sono invece determinanti per una più corretta e completa ricostruzione di vicende giudiziarie di interesse
pubblico».
La lettera ricorda altresì che anche il consiglio dei
ministri Europeo si è pronunciato sul diritto del giornalista a non rivelare le proprie fonti di informazioni. In particolare la Raccomandazione n. R (2000) 7 agli Stati membri, adottata l’8.3.2000 prevede, al Principio 6, che non «deve farsi luogo alle intercettazioni delle comunicazioni, alla sorveglianza e alle perquisizioni giudiziarie, qualora tali misure tendano ad aggirare il diritto dei giornalisti di non divulgare le informazioni identificanti le proprie fonti». (Ansa)