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  • Da: Assostampa FVG
  • maggio 18, 2015

PORDENONE: IL GIORNALISMO NON PUÒ ESCLUDERE I GIOVANI

Nel clima generale di cambiamento tecnologico, sociale ed economico, pur tra contraddizioni e difficoltà oggettive, i giornalisti mantengono la funzione fondamentale di mediazione tra la notizia e i suoi destinatari. Questo il messaggio finale del dibattito sul tema “Concorsi giornalistici e giornalismo. Il caso del Premio Simona Cigana”,  promosso dal Circolo della Stampa di Pordenone nell’ambito dei corsi di formazione dell’Ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia, nella sede dell’Opera Sacra Famiglia di Pordenone.
La chiave per entrare nell’argomento, uno dei più dibattuti sul presente e sul futuro dell’informazione è stato dunque il concorso giornalistico, nel quale si misurano professionalità e forza espressiva degli autori. Lo spunto principale è stato il “Premio Cigana”, la cui 6ª edizione si conclude tra poco più di un mese, nel quale si evidenzia il confronto diretto tra i giornalisti che vogliano mettere in gioco il frutto del loro lavoro espresso nel corso di un anno, soprattutto nel settore dell’inchiesta.
L’inchiesta, espressione principe del giornalismo, è stata dunque l’occasione del confronto al quale hanno partecipato Roberto Papetti, direttore de il Gazzettino, don Bruno Cescon, direttore de Il Popolo diocesano di Concorsia e Pordenone, Marco Pacini, caporedattore centrale de Il Piccolo, e Antonio Bacci, capocronista dell’edizione pordenonese del Messaggero Veneto, coordinati da Pietro Angelillo, presidente del Circolo della Stampa di Pordenone. Presenti giornalisti del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, sponsor e patrocinatori del “Premio Cigana”.
L’analisi emersa è un invito a non considerare diverso l’obiettivo dell’informazione di giornali di carta, radio, televisione, on line e social network. Cambiano i metodi, non la sostanza, pur nel mutamento epocale in atto. «Restano intatte la capacità di mediazione e l’onestà intellettuale del giornalista, qualità di fondo necessarie a comprendere come cambia il pubblico dei fruitori e ad agire nel suo rispetto», ha sostenuto Roberto Papetti, che ha puntualizzato la necessità di un cambiamento non condizionato dai meccanismi del nuovo a tutti i costi, per mantenere “l’autorevolezza” del messaggio.
E sul bisogno di garantire questa qualità di fondo, Marco Pacini ha rivolto un’esortazione diretta alla categoria: «Nella società della comunicazione di massa e della rivoluzione totale che cambia il linguaggio e i modelli di riferimento, l’autorevolezza si costruisce soprattutto con l’autoformazione che significa impegno costante per essere all’altezza di governare la disintegrazione del sistema tradizionale».
Sulla necessità di mantenersi all’altezza dei tempi è intervenuto Antonio Bacci che ha focalizzato l’impegno dei giornalisti sulla conoscenza degli strumenti tecnologici moderni dell’informazione e sul colloquio con i lettori: «Non possiamo permetterci di non parlare con i destinatari delle notizie. Dobbiamo essere in grado di recepire il loro parere che contiene i segni inequivocabili di una società in evoluzione».
«Purché l’informazione sia al servizio della solidarietà sociale e della democrazia», ha avvertito don Bruno Cescon che ha definito i concorsi giornalistici diretti, come il “Premio Cigana”, l’occasione per “valorizzare il lavoro di chi è sul campo”, specialmente i giornalisti impegnati nell’indagine sociale che ancora è possibile sui giornali di carta, mentre non è ancora pratica diffusa dei social network e delle altre forme di informazione su internet.
Molti altri temi sono emersi nel dibattito, quali la fine dei giornali di carta (alcuni teorizzatori internazionali ne hanno indicato addirittura l’anno e il mese), la riduzione della pubblicità come forma di finanziamento, la carenza della legislazione (in Italia la legge sulla stampa è rimasta al tempo in cui non esisteva nemmeno la televisione), le difficoltà crescenti di assumere i giovani nelle aziende giornalistiche, la necessità di non interpretare al ribasso la figura dell’operatore dell’informazione, perché qualità dell’informazione significa qualità della società.
Nel nome di Simona Cigana, giovane  giornalista scomparsa quando ancora non aveva concretato il suo sogno di uscita dal precariato, è stato lanciato un appello condiviso: «La società non può permettersi di tenere fuori dalla professione i giovani che possono dare di più al mondo dell’informazione».