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  • Da: Assostampa FVG
  • gennaio 18, 2007

Quando scatta il diritto alla “corta”

Il direttore della Fnsi, Giancarlo Tartaglia, ha risposto al quesito posto da numerosi giornalisti ritenendo “assolutamente infondata” la tesi di alcune aziende, secondo le quali occorrono 3 o addirittura 4 giorni di lavoro per maturare il diritto alla settimana corta.
Il direttore della Fnsi ricorda che quando fu introdotto il regime della “settimana corta” nel contratto di lavoro giornalistico, le parti convennero che tale regime non avrebbe dovuto comportare un aggravio dei costi economici. Di conseguenza, con la settimana corta, fermo restando l’orario settimanale di 36 ore, è stato aumentato l’orario giornaliero, che è passato da sei a sette ore e dodici minuti. Con lo stesso criterio, per quanto riguarda le ferie, le parti hanno convenuto che il numero di giorni di ferie spettanti a ciascun giornalista non aumentava per effetto della settimana corta e, pertanto, il giorno di settimana corta deve intendersi, ai fini contrattuali, come “giorno lavorativo” non lavorato. Inoltre, il contratto prevede che il giorno di settimana corta “non può coincidere con una festività” e quindi, nei casi in cui, per effetto dell’organizzazione del lavoro aziendale, ciò avvenga, il giorno di corta deve essere “recuperato” in un altro giorno della stessa settimana. Questa previsione, quindi, dimostra che il diritto alla settimana corta non viene meno in presenza di festività infrasettimanali e prescinde dal numero di giorni lavorati. Per le motivazioni sopra esposte il regime di settimana corta, regolato dal contratto collettivo giornalistico, non è assimilabile a diversi trattamenti previsti sulla stessa materia da altri contratti collettivi.
Di conseguenza, OGNI GIORNALISTA HA DIRITTO A UN GIORNO DI “CORTA” PER OGNI SETTIMANA DI LAVORO, TRANNE CHE NEL PERIODO DI FERIE, A PRESCINDERE DAL NUMERO DELLE GIORNATE LAVORATE nel corso della settimana e, quindi, a prescindere anche dalla presenza di eventuali giorni di sciopero.