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  • Da: Assostampa FVG
  • aprile 08, 2014

111.522 EURO AL COLLABORATORE

Il Messaggero (di Roma – ndr) sarà costretto a versare 111.522,17 euro nelle tasche di Marco Giuseppe Benarrivo, uno dei tanti giornalisti che nella vita riempiono le pagine dei giornali con articoli e inchieste che fanno vendere le copie, e che vengono pagati pochi euro al pezzo. Solo che questa volta il giornalista anconetano, collaboratore fisso della testata per oltre cinque anni, ha fatto causa all’editore. E ha vinto. La condanna al risarcimento è stata confermata anche in appello dal Tribunale del capoluogo marchigiano. "Gli schiavi vincono: fategli causa", è stato il commento entusiasta di Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei giornalisti, da tempo impegnato nella battaglia per l’ equo compenso di collaboratori e freelance. ”Fate valere i vostri diritti – si legge nel post scritto sul suo profilo Facebook -. Le sentenze sono chiare. In appello vengono confermate tutte le decisioni del Tribunale: una differenza di retribuzione pari a 111.522,48 euro oltre interessi e rivalutazione e spese legali e di giustizia. Con l’aggiunta della regolarizzazione contributiva del rapporto”. Il giornalista marchigiano aveva fatto causa alla testata per richiedere il compenso dovuto ai collaboratori fissi come da contratto nazionale, che invece non gli era mai stato corrisposto. Così dopo cinque anni e mezzo di lavoro e 3.588 articoli rivendicati (contro i 3.137 riconosciuti dalla testata), sono arrivate le due sentenze di condanna per Il Messaggero: prima il Tribunale di primo grado e ora la Corte d’Appello di Ancona che ha confermato la prima sentenza. L’appello non solo ha confermato e ha aggiunto altri 7.000 euro di spese a carico del Messaggero. "Fate valere i vostri diritti – incita Iacopino nel suo post -. Fate causa, appena ne avete la possibilità, a chi vi sfrutta". Per avere i suoi soldi, Benarrivo ha dovuto pignorare la redazione del Messaggero di via del Tritone a Roma. Solo a quel punto, il giornale – che aveva chiesto una sospensiva, respinta – gli ha versato 50.000 euro ed ha depositato una fideiussione per la parte restante della cifra (in attesa della definizione del ricorso in Cassazione che non valuta il merito). "La motivazione della Corte d’Appello è illuminante – conclude il presidente dell’Ordine -. Si spinge a definire peregrina la tesi del Messaggero che negava che il collega fosse un collaboratore fisso. Leggetela: mille e mille tra voi si ritroveranno nelle stesse condizioni".
(da www.romacapitale.net)