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  • Da: Assostampa FVG
  • settembre 12, 2011

CONTRATTO COLLETTIVO DA DIFENDERE

La Manovra bis del Governo, che da oggi passa all’esame della Camera dei Deputati, contiene elementi e norme che nulla hanno a che fare con la messa in sicurezza dei conti dello Stato. E’ il caso dell’art. 8 sulla contrattazione aziendale. La Segreteria della Fnsi, che ha esaminato attentamente le norme votate al Senato ritiene esistano ancora le condizioni e anche i tempi per rimuovere un punto della Manovra che oltre la sua inutilità per i conti pubblici introduce irreparabili e gravi danni per tutto il mondo del lavoro.
E’ significativo che da tutto il complesso delle forze sociali si faccia strada una ripresa di dialogo e che anche da alcune rappresentanze economiche sia stata denunciata l’intrusione impropria in una materia delicata quale quella della qualità e gestione dei rapporti di lavoro, che appartengono primariamente all’autonomia delle parti sociali. Il tema centrale è quello del valore del contratto collettivo, che in un secolo ha rappresentato la base fondamentale delle garanzie regolatrici per le tutele del lavoro e per un mercato della concorrenza non viziato da azioni di dumping sociale e retributivo. Il tema non è solo quello dei licenziamenti facili o dell’instabilità dei posti di lavoro assunti a nuovo modello (scarsamente funzionale se non per pochi) ma anche della possibilità che persino le leggi possano essere vanificate. Si apre la strada a situazioni inique, a incursioni magari formalmente legittime ma a-democratiche, nel senso che viene travolto il principio di tutela del lavoratore che è considerato la parte debole nella contrattazione da tutti i sistemi nei quali si è affermata, da quasi due secoli progressivamente (non regressivamente come capita ora) la dottrina giuridica della civiltà del lavoro. Per i giornalisti (ma non solo per loro), inoltre, quasi non bastasse tutto questo, le norme introducono elementi che legittimerebbero lesioni gravi ai diritti e ai doveri professionali, quali la tutela delle fonti e il segreto professionale, cardini di autonomia e libertà dell’informazione. La possibilità di derogare le norme che pongono un limite all’uso degli impianti audiovisivi e tecnologie di controllo rappresentano un vulnus grave del diritto comune. Ribadito che i diritti sociali non possono essere definiti dagli indicatori di Borsa e che, comunque, neanche questo aspetto può trovare alcuna soddisfazione da quanto previsto dall’art. 8, questa scelta che prima appariva solo un capriccio del Governo adesso sta diventando una realtà devastante anche per quanto riguarda la coesione sociale, che dovrebbe stare a cuore allo stesso livello della preoccupazione dei conti pubblici. La Fnsi con la Fieg ha stipulato ancora di recente una rinnovazione del contratto nazionale, anche nella ribadita convinzione comune che la disciplina collettiva nazionale sia caposaldo di sistema. Responsabilmente, inoltre, hanno aperto alla devoluzione di possibili materie di efficienza e miglioramento negoziabili a livello aziendale, sulla base di opportune intese, ritenendo che questo sia un compito delle parti sociali che non ha bisogno di intrusioni autoritarie. Per tutte queste ragioni la Segreteria della Fnsi avvia una mobilitazione permanente, nella ricerca anche di un raccordo con tutto il mondo del lavoro perché sia espunto dal testo, che diventerà legge, l’art. 8 e ci sia una riflessione più meditata da parte di tutti sulla contrattazione. In ogni caso, ove ciò non avvenisse, la Fnsi sosterrà ogni iniziativa che possa portare all’abrogazione di questa norma attraverso qualsiasi via praticabile secondo Costituzione e Diritto Europeo. Già giovedì nella riunione della Giunta Esecutiva sarà proposto un primo scambio di idee con un gruppo di giuslavoristi che possono accompagnare con efficacia queste iniziative. La riflessione in questo momento è volta ad approfondire la percorribilità di quattro ipotesi: cancellazione della norma alla Camera; avanzamento di una legge immediata di modifica; referendum abrogativo; ricorso alla Corte Costituzionale per evidenti profili di dubbia costituzionalità