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  • Da: Assostampa FVG
  • settembre 25, 2013

DIFFAMAZIONE, DALL’EUROPA NO AL CARCERE

Nessuno – si legge in una nota FNSI – adesso può avere più dubbi. La sanzione del carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa deve essere cancellata. L’Italia è già fuori tempo massimo per mettersi in regola con le consolidate norme europee sui diritti umani. La condanna del nostro Paese da parte della Corte Europea per i diritti dell’uomo per aver inflitto una pena detentiva al direttore di Libero Belpietro, in un processo di diffamazione a mezzo stampa, è chiara e non da spazio ad equivoci. E’ una sanzione inevitabile e un brutto ceffone per un Paese, il cui Parlamento da decenni rinvia l’abolizione del carcere per i giornalisti a motivo della loro attività professionale. La Fnsi, incessantemente da anni, con i cronisti italiani tutti, sostiene l’illegittimità (ancora presente nel nostro ordinamento) del carcere per diffamazione a mezzo stampa, di cui anche il Capo dello Stato ha sollecitato il superamento. i fautori del carcere e delle limitazioni improprie all’informazione e alle opinioni hanno ripetutamente fatto finta che quanto previsto dall’art. 10 della Convenzione Europea per i diritti dell’uomo fosse una semplice indicazione e non una norma cogente per gli Stati firmatari. Anche molte delle proposte di riforma avanzate continuano a contenere dei “ma” di troppo accanto all’ipotesi di eliminare o attenuare la misura del carcere. Ora, dopo la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, l’Italia dovrà chiedere scusa a Belpietro, pagandogli anche un risarcimento di 10 mila euro per danni non pecuniari e 5 mila per spese legali. Troppo poco sul piano materiale, quanto vale per rendere chiaro a tutti che la norma del Codice penale italiano va cassata rapidamente. A Belpietro – che ha avuto la costanza di insistere sulla liceità del suo lavoro fino alla Corte di Strasburgo – un ristoro morale importantissimo, che deve riguardare d’ora in poi tutta la categoria. Nello specifico caso, peraltro, la riflessione deve essere ancora più radicale, poiché il direttore di Libero era stato condannato in appello e in Cassazione (dopo l’assoluzione in primo grado) per omesso controllo (in quanto responsabile della testata) su un articolo e opinioni scritte da un altro giornalista, Lino Iannuzzi, nella sua funzione, all’epoca, di Senatore della Repubblica. Il parlamentare era stato escluso dal procedimento perché giudicato non sanzionabile, in questa veste, anche da un pronunciamento della Corte Costituzionale. Il tempo delle “mazziate” deve finire e come afferma la Corte dei diritti dell’uomo la sanzione che era stata inflitta al direttore di Libero è “ingerenza nel diritto alla libertà di espressione non … proporzionata ai fini perseguiti”. E ancor più rilevante la riaffermazione che la reclusione in carcere per un reato commesso nel settore della stampa non è compatibile con la libertà di espressione, se non in circostanze eccezionali, come nel caso di incitazione alla violenza o all’odio razziale. Il Parlamento, a cominciare dalla Commissione Giustizia della Camera, che ha in questi giorni in carico i progetti di legge e di riforma, ne prenda atto – conclude la nota FNSI – e proceda di conseguenza.