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  • Da: Assostampa FVG
  • luglio 07, 2014

EQUO COMPENSO, AUTONOMI E CONTRATTO (di 9 freelance della Fnsi)

C’è una leggenda metropolitana che sta diffondendo, a dispetto della realtà. La leggenda è che la legge sull’equo compenso per i giornalisti lavoratori autonomi sia stata scritta con i piedi, e dunque sia inapplicabile. E che le valutazioni negative sui suoi recenti esiti siano perciò da attribuire al pessimo lavoro del legislatore, ad aspettative eccessive degli autonomi, e alla demagogia sparsa a piene mani sul tema.
Ma le cose non stanno affatto così. Infatti la legge 233/2012 già all’articolo 1 stabilisce un principio di chiarezza solare: l’equo compenso va riconosciuto a tutti i giornalisti senza contratto di lavoro subordinato, e ciò in attuazione dell’articolo 36 della Costituzione1, e in “coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria”. Non serve pertanto un particolare sforzo esegetico per capire a chi va applicata la legge e quali debbano essere i parametri retributivi2. Non si capisce pertanto quali possano essere i supposti problemi di interpretazione ed applicazione.
Altra eccezione, più volte sollevata, è la presunta violazione dell’eguaglianza dei diritti, dato che la legge 233 si rivolge solo al lavoro giornalistico. Ma in realtà è assodato che una legge speciale può derogare alla legge generale con eccezioni positive (trattamento di miglior favore) o negative (come l’esclusione degli iscritti agli Ordini professionali dalle disposizioni della legge “Fornero” 92/20123). Quindi si è nel pieno della regolarità legislativa.
Peraltro, richiamandosi alla valenza erga omnes dei contratti collettivi di lavoro (ai sensi dell’art. 39 comma 3 della Costituzione4), basterebbe varare una norma che estende a tutti i lavoratori non subordinati, di tutti i settori, il diritto a un compenso parametrato ai rispettivi contratti collettivi di lavoro. Che è proprio quanto vanno proponendo da un anno a questa parte dei parlamentari del Pd (Gribaudo, Paris, Madia, Gnecchi, Gregori) in Commissione lavoro alla Camera. E’ l’unico criterio che, proporzionalmente, può portare al rispetto del più elementare criterio di eguaglianza fra persone, fra cittadini, fra lavoratori: parità di compenso a parità di lavoro. Un principio che per il sindacato, per tutti i sindacati, dovrebbe essere una storica bandiera.
Altra leggenda metropolitana è che le sanzioni agli editori previste dalla legge 233 riguarderebbero solo “la decadenza del contributo pubblico a favore dell’editoria”, e che questo va oramai solo a una percentuale irrisoria di editori. Fermo restando che la richiesta di tutte le parti, compresa l’Fnsi, è quella del rifinanziamento di tali contributi, da estendere quindi a una platea più ampia, la legge stabilisce però un’altra sanzione: la decadenza “da eventuali altri benefici pubblici”. E anche su questa definizione non c’è necessità di grande esegesi, atteso che è volutamente ampia, e come tale omnicomprensiva di qualsiasi forma di aiuto o agevolazione pubblica5 Il che estende di molto il bacino delle possibili sanzioni.
C’è poi chi sostiene che non ci si può appigliare come sanzione agli “altri benefici pubblici”, perché questi comprendono anche interventi a sostegno dei lavoratori, come gli ammortizzatori sociali, e quindi questo passaggio non va applicato. Va invece detto che la legge 233 ha lo scopo di spingere le aziende al rispetto dell’equo compenso, e quindi la ratio delle sanzioni è che queste vadano sì applicate, ma agli editori, e non certo a danno di incolpevoli giornalisti e lavoratori. Va quindi posta una distinzione nell’applicazione delle sanzioni, e non ignorata tout court questa possibilità di sanzione, espressamente prevista.
Alla luce di questi ragionamenti, l’equo compenso da riconoscere (“in coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria…”, come da art. 1 della legge) andava rapportato al tempo necessario per svolgere un lavoro, e retribuito in diretta proporzione allo stipendio di un contrattualizzato. In pratica: per le aziende che applicano il contratto Fnsi-Fieg era da riferirsi a quei parametri contrattuali, e analogamente agli altri contratti collettivi applicati (AerantiCorallo, Uspi). Ed era proprio questa la proposta della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, presentata al tavolo dell’equo compenso ma osteggiata e non sostenuta, perchè ritenuta suppostamente “troppo onerosa”, benché rispondente al dettato e allo spirito della legge 233. Così, dal piano di applicazione e rispetto della legge, si è passati a quello di una sua arbitraria interpretazione, pesantemente restrittiva.
Anche per questi motivi il contratto collettivo nazionale, soprattutto nella parte normativa, dovrebbe tenere unito un lavoro che si è sempre più frammentato. E nella proposta di nuovo contratto giornalistico c’è sì un piccolo germe di contrattazione inclusiva. Ma assolutamente inadeguato, proprio perché non mette un argine alle spinte degli editori alla precarizzazione strutturale del lavoro. E le soluzioni adottate per l’equo compenso influiscono in maniera importante su questa dinamica. Queste infatti hanno legittimato delle basse retribuzioni, inferiori non solo ai parametri dei contrattualizzati, ma anche a quelle dei collaboratori fissi ex art. 2 e 12 del contratto Fieg-Fnsi, andando così a minare l’utilità di possibili assunzioni, per il fatto che i collaboratori esterni costano molto meno. E i collaboratori solitamente hanno, per l’estrema debolezza della loro posizione e la ricattabilità economica, uno scarissimo potere di contrattazione individuale.
Per questo non è possibile essere soddisfatti dell’ipotesi di nuovo contratto. E pensare che comitati di redazione e ispettori del lavoro Inpgi possano, come per incanto, intervenire con la necessaria efficacia laddove finora non è stata attuata o possibile, o lasciare tutto sulle spalle della parte più debole, cioè il collaboratore “che dovrebbe far causa in tribunale”, sapendo però che così perderà per anni il lavoro, è un più auspicio molto ottimistico che una previsione realistica.
La realtà è che il nuovo contratto non ferma affatto la deriva del lavoro precario e sottopagato. E per questo non possiamo condividere l’idea di chi sostiene che questo è il primo di una serie di passi verso il riconoscimento dei diritti di lavoratori oggi relegati nella terza classe del giornalismo.
Infine, considerazione piuttosto banale, ma ineludibile, non abbiamo davanti a noi anni di tempo per attendere gli esiti di questo virtuoso percorso: le bollette e i costi della vita li dobbiamo pagare oggi. Ed abbiamo oggi bisogno di risposte molto concrete. Che qui non vediamo.

Giovanni Ruotolo – Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi
Maurizio Bekar – coordinatore della Commissione nazionale lavoro autonomo, consigliere nazionale Fnsi
Susanna Bonfanti – Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi
Moira Di Mario – Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi
Dario Fidora – Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, responsabile Commissione Lavoro Autonomo Assostampa Sicilia
Francesca Marruco – Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, direttivo Assostampa Umbria
Saverio Paffumi – Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, responsabile Commissione lavoro autonomo Associazione Lombarda dei Giornalisti
Leonardo Testai – coordinatore Commissione Informazione Precaria Assostampa Toscana
Laura Viggiano – Commissione nazionale lavoro autonomo, Commissione Contratto Fnsi