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  • Da: Assostampa FVG
  • novembre 10, 2010

FISSARE MINIMI DI COMPENSO

I rappresentanti delle varie istituzioni giornalistiche rilanciano l’impegno per una forte iniziativa su Ministro del lavoro e Parlamento per arrivare a una legge che fissi degli standard minimi di trattamento del lavoro dei free lance. Per quanto riguarda i fondi pubblici, secondo Franco Siddi e Roberto Natale (Fnsi), "condizione qualificante e parametro centrale per le assegnazioni, secondo nuove regole trasparenti e neutrali rispetto a qualsiasi potere, devono essere l’occupazione giornalistica regolare, il rispetto del contratto di lavoro, il giusto compenso e la corretta protezione sociale per le attività professionali richieste ai giornalisti autonomi". E’ assolutamente inaccettabile che il lavoro autonomo venga remunerato con compensi così bassi che la stragrande maggioranza dei giornalisti free lance dichiara un reddito medio annuo inferiore al livello della soglia di povertà indicata dall’Istat. Da qui la necessità di rilanciare una ampia iniziativa che coinvolga i responsabili delle politiche per l’editoria del Governo, il Ministro del Lavoro e il Parlamento per arrivare a una legge che fissi degli standard minimi di trattamento del lavoro dei free lance. Presentando nello stesso tempo agli editori il conto della situazione e imponendo l’obbligo di una nuova responsabilità sociale e civile, che comporti il giusto riconoscimento della dignità professionale e una civile remunerazione del lavoro giornalistico. E’ l’impegno scaturito dai rappresentanti di tutte le istituzioni del giornalismo italiano in occasione della presentazione di "Giornalismo: il lato emerso della professione: una ricerca sulla condizione dei giornalisti italiani ‘visibili’", curato da Lsdi, che si è svolta nella sede della Fnsi, a Roma, nell’ambito della giornata internazionale di mobilitazione dei giornalisti "Stand Up for Journalism" e dedicata al tema del giornalismo come bene pubblico. Al centro del dibattito, in particolare, due questioni: la "invisibilità" di oltre 40.000 giornalisti (dei quasi 110.000 che risultano iscritti all’Ordine), per i quali non risulta alcuna attività professionale "ufficiale", un segmento che nasconde ampie fasce di professione sommersa; e la profonda frattura fra lavoro dipendente e lavoro autonomo, che nell’industria editoriale cresce progressivamente (fino a superare quantitativamente il lavoro subordinato) ma che non riesce ad acquisire una vera, concreta dignità professionale. Su questo piano, tutti gli intervenuti – il presidente dell’Ordine, Enzo Iacopino, il presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese, quello di Casagit, Andrea Cerrato, e il presidente e segretario della Fnsi, Roberto Natale e Franco Siddi – hanno ipotizzato un intervento su Governo e Parlamento per arrivare a una norma di legge che, come avviene in altri paesi, assicuri dei trattamenti "dignitosi" e dei livelli accettabili di welfare per il lavoro autonomo, prevedendo anche ampi sgravi fiscali per gli editori che assumano a tempo indeterminato. Per quanto riguarda il tema del giornalismo come bene pubblico, al centro della giornata indetta negli anni scorsi dalla Federazione Europea dei giornalisti (Efj), Siddi e Natale hanno ribadito l’interesse del sindacato affinché le risorse pubbliche nel nostro paese siano distribuite in maniera selettiva e rigorosa e non corrispondano ad un finanziamento "mascherato" a questa o quella "frazione politica". Condizione qualificante e parametro centrale per le assegnazioni di contributi pubblici, secondo nuove regole trasparenti e neutrali rispetto a qualsiasi potere, deve essere l’occupazione giornalistica regolare, il rispetto del contratto di lavoro, il giusto compenso e la corretta protezione sociale per le attività professionali richieste ai freelance. Fatta questa premessa, i due rappresentanti della Fnsi hanno tuttavia riproposto "l’ urgenza di un impegno dal quale dipende la sopravvivenza di decine testate che per la loro natura non possono vivere solo delle provvidenze del mercato e ricadono nell’obbligo costituzionale dello Stato di assicurare ogni iniziativa idonea perchè siano garantiti pluralismo e libertà dell’informazione. Da qui – tanto più nella stagione di tumultuoso e critico cambiamento che investe le attività dei media -il dovere di intervento dello Stato, anche con finanziamenti pubblici a sostegno dell’informazione nella considerazione che il giornalismo etico, cioè incardinato sui principi dell’ordinamento professionale e del contratto di lavoro, sia un bene pubblico senza il quale nessuna democrazia funziona nel migliore dei modi".