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  • Da: Assostampa FVG
  • febbraio 20, 2013

GIORNALI, TUTTE LE CRISI IN ATTO

dal sito Lettera43:
Se bisognerà aspettare il 2043 per vedere l’ultima copia cartacea del New York Times, come aveva previsto il sociologo Philip Meyer, forse in Italia per assistere alla sparizione della carta stampata si dovrà attendere molto meno. I piani di ristrutturazione presentati dai più importanti gruppi editoriali, ultimo quello diRcs, fanno presagire un futuro sempre più nero con centinaia di giornalisti e poligrafici a spasso. «Siamo arrivati a perdere 600 posti di lavoro in soli due mesi, come si fa a reggere?», chiede Franco Siddi, segretario generale della Fnsi (Federazione nazionale della stampa).
RCS, 10 TESTATE IN CHIUSURA. In questi giorni nella sede del sindacato continuano ad arrivare i piani di ristrutturazione delle varie case editrici. Per quello di Rcs – comunicato lunedì 11 febbraio – l’Fnsi non ha ancora ricevuto i dettagli su come saranno gestiti gli esuberi, «ma sono 10 le testate che chiudono, circa 100 persone il cui futuro è incerto», spiega Siddi. «A cui si aggiungono altri 70 lavoratori per il ridimensionamento del Corriere della Sera e della Gazzetta dello sport».
RAI, L’ESODO PER 150 ASSUNTI. E questa è solo l’ultima goccia che ha fatto traboccare un vaso già pieno: nel 2013 la Rai punta a incentivare l’esodo di 150 persone e promette un turn over con appena 50 nuovi ingressi, pari a un terzo delle fuoriuscite. I piani di ristrutturazione del gruppo l’Espresso che prevedevano 12 esuberi e quelli di Gruner + Jahr con 5 già sul tavolo del ministero.
Da trattare e definire sono ancora 32 della Stampa, 12 del Corriere dello Sport, 8 di Tuttosporte 15 di Avvenire (12 prepensionamenti e 3 da non sostituire).
IL SISTEMA È SALTATO. Piccoli numeri che sommati insieme con quelli del gruppo Mondadori diventano una mole insostenibile. Il piano della casa editrice di Segrate anticipato da Lettera43.it è arrivato il 13 febbraio sul tavolo della Fnsi: «Sono 96 esuberi su un totale di 267 lavoratori», spiega Siddi, «e insieme agli altri casi siamo già a oltre 500». Alla Fnsi la tensione è alle stelle: «Il sistema è saltato, ma siamo pronti ad assumerci tutte le responsabilità necessarie per affrontare la situazione a patto che lo facciano tutti gli interessati». Il riferimento è diretto alla Fieg e soprattutto alle singole realtà editoriali che sembrano fare a gara a chi riesce per primo a portare sul tavolo del ministero del Lavoro il proprio piano di crisi per ottenere gli aiuti finanziari necessari. Ma «le casse sono quasi vuote», ricorda Siddi. Il 2013, infatti, l’Inpgi (che gestisce un Fondo finanziato dallo Stato a cui si aggiunge un versamento dell’editore che paga un contributo straordinario del 30% del costo del singolo pensionamento anticipato) ha notificato la copertura finanziaria per 32 prepensionamenti, ma in realtà di questi già 14 sono ‘prenotati’ dal ministero del Lavoro per accordi già fatti. Sarebbero quindi solo 18 i posti disponibili. Allarmati da una copertura così esigua Fieg ed Fnsi hanno chiesto una contro verifica. «Pensiamo che in realtà i posti disponibili siano in tutto 37», spiega Siddi. Un numero ancora da accertare «comunque non sufficiente per coprire tutti gli esuberi».
UN CENTINAIO PER IL TRIENNIO. E per i prossimi anni la situazione non è migliore: «I posti legati al Fondo sono 35 per il 2014 e altri 35 per il 2015, insomma un centinaio nei triennio 2013-2015», dice Andrea Camporese, presindente dell’Inpgi. Una situazione di penuria che ha innescato la logica homo homini lupus e la corsa ad accaparrarsi le ultime risorse disponibili. «La Stampa per esempio», continua il segretario della Fnsi, «a fine dicembre con un’azione a dir poco sub-sabauda ha dichiarato 32 esuberi e ora sta premendo per firmare un accordo in sede Fieg».
CORSA ALLE ULTIME RISORSE. Per evitare che «qualcuno faccia il furbo» Fieg ed Fnsi hanno deciso di sospendere gli incontri con le varie testate. Ma nonostante si cerchi di lavorare a una linea comune c’è chi tira acqua al suo mulino: «Oggi un funzionario della Fieg ci ha convocato lunedì 18 febbraio per un incontro tra le parti», dice Siddi, «l’intenzione è di discutere il piano di riorganizzazione della società editrice La Stampa. Ma noi non ci facciamo convocare da un funzionario della Fieg come se fosse un direttore del ministero». Il sindacato ha già dato piena disponibilità a negoziare con gli editori i vari piani di ristrutturazione, «ma non siamo disposti a fare figli e figliastri. Non dichiariamo nessun esubero se prima non abbiamo un quadro generale e verificato quali risorse ci sono per salvaguardare tutti i lavoratori».
LE INTENZIONI DEGLI EDITORI. In una lettera in risposta alla convocazione della Fieg, Siddi scrive: «La gestione delle singole vertenze non può essere realizzata con criteri di ordinaria burocrazia negoziale». Insomma no alle aziende che cercano una corsia preferenziale, «tanto più se si chiamano La Stampa e hanno dietro un editore come Fiat», dice Siddi aLettera43.it. «Qui tutti devono fare i sacrifici».
La rabbia è tanta non solo tra i lavoratori ma anche tra i rappresentanti sindacali, soprattutto per come alcuni editori hanno gestito la crisi, che è certo globale ma spesso è stata affrontata con leggerezza. «L’impressione è che molti anziché investire sui propri giornali in crisi stiano percorrendo altre strade». Ma i sindacati non si erano accorti di come venivano gestiti i soldi e di quanto la crisi fosse grave? «Ci aspettavamo piani di ristrutturazione pesanti ma non di questa entità», risponde Siddi. L’errore è stato sottovalutare per anni malfunzionamenti e sprechi: «I disastri di Rcs, per esempio, sono stati causati da una gestione per niente illuminata molto simile a quella che ha portato la Rai nelle condizioni in cui è ora», denuncia Siddi.
LA CASTA DEI GIORNALISTI. Ed è stato lo stesso amministratore delegato di Rcs Pietro Scott Jovane ad ammetterlo. «Quando ha presentato il piano ha parlato di scelte procrastinate nel tempo che oggi hanno portato alla situazioni in cui è il gruppo, cioè al prefallimento», dice il segretario riferendosi al debito del gruppo che si aggira intorno ai 900 milioni di euro. «C’è il rischio che si portino i libri in tribunale, e questo non è certo stato causato da due anni di crisi economica». Allora prima di dichiarare 100 o 600 esuberi, è il richiamo di Siddi, «cerchino di fare pulizia tagliando quelle spese di cui per anni certi giornalisti, quadri e manager super pagati hanno usufruito». «Privilegi simili a quelli della casta della politica», sottolinea il sindacato. Insomma, la disponibilità a concertare con le parti è totale ma solo se si mettono tutte le carte e i soldi sul tavolo.
DOVE TROVARE LE RISORSE. Di tentativi per aiutare i giornali in questo momento di crisi ne sono stati fatti tanti. A partire dalle proposte dell’Fnsi per rimpinguare il Fondo dell’editoria, come quella sul riequilibrio delle risorse derivanti dalla pubblicità: «Abbiamo proposto di istituire una tassa di scopo che consiste nel prelievo di una aliquota del 2% sulla pubblicità televisiva», spiega Siddi. «Soldi che per quattro anni verrebbero destinati al fondo pubblico dell’editoria». Un’altra somma si potrebbe ottenere «con un prelievo del 2 o 3% della quota riservata alle attività culturali destinate alle Fondazioni bancarie». A cui si aggiungono gli sgravi fiscali per le nuove assunzioni che l’Inpgi ha garantito. E che però non hanno portato i risultati sperati. «Facciamo uno sconto contributivo del 70% per tre anni  a chi assume a tempo indeterminato», dice Camporese. «Eppure a fronte di tutti gli esuberi dichiarati dalle aziende abbiamo registrato solo 280 assunzioni». Un blocco del turn over che a lungo andare graverà anche sulle casse dell’Inpgi. Seppure l’istituto vanti un patrimonio di 2,5 miliardi di euro e altri 500 milioni provenienti dalla gestione separata «se questa crisi durerà a lungo e i giornalisti contrattualizzati continueranno a diminuire anche le nostre risorse si riduranno notevolemente».
(Antonietta Demurtas)