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  • Da: Assostampa FVG
  • gennaio 30, 2014

LO SCANDALO DEI GETTONI DI PRESENZA AI GIORNALISTI

Rilanciamo l’articolo pubblicato ieri dal Messaggero Veneto di Udine, che sottolinea la sacrosanta scelta del collega Piero Villotta, consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti, già presidente del nostro Ordine regionale, di rinunciare ai gettoni di presenza che vengono riconosciuti a tutti i 154 consiglieri nazionali. L’Assostampa Fvg è da anni schierata sulle stesse posizioni: chi può mettersi in permesso sindacale non può e non deve essere pagato due volte, all’Ordine come nella giunta Fnsi, dove da anni ci sono le stesse usanze. Gli unici che possono legittimamente avere il gettone di presenza sono i giornalisti non contrattualizzati, che per svolgere l’attività ordinistica o sindacale perdono effettivamente una giornata di lavoro. Ma ecco l’articolo:

UDINE. È facile, spesso giusto, criticare chi ci governa, ma è anche vero che i politici altro non sono che lo specchio della società. E così accade che i giornalisti – categoria particolarmente severa con gli uomini di palazzo – riescano a copiare i vizi peggiori della casta per eccellenza. L’ultimo esempio è di poche settimane e a denunciarlo è Piero Villotta, giornalista udinese, volto noto della Rai regionale, ex presidente dell’Ordine Fvg e attuale consigliere nazionale: «Il gettone di presenza è uno scandalo». «La legge – racconta – prevede che i consigli dell’ordine dei giornalisti possano garantirsi una diaria oltre alle spese di viaggio. Un gettone di presenza che nessun consiglio regionale, che io sappia, ha mai previsto. Ora a Roma, scopro che il Nazionale garantisce 150 euro a giorno-presenza (lordi), quindi, anche per le commissioni. Facendo due conti, significa che per 150 consiglieri (e poi parliamo di tagliare il parlamento, ndr) e 8 sedute l’anno di solito di tre giorni l’Ordine spende 600 mila euro. Più le commissioni. Siamo sotto il milione, vale a dire il 20% del bilancio, il 10% di quello che versano gli iscritti». Di più: «Dobbiamo poi considerare che i giornalisti dipendenti in quei giorni sono comunque retribuiti perché in permesso sindacale, o che la gran parte ha una pensione. La cosa potrebbe stare in piedi per un pubblicista che quel giorno non lavora, ma anche nei consigli regionali ci sono i pubblicisti che non sono pagati. Ho chiesto di eliminarli ma sono rimasto solo. Non mi è rimasto altro da fare che rinunciare a quella diaria. Spero che qualcuno mi segue in questa battaglia». La Lombardia si è già mossa: alcuni consiglieri dell’ordine hanno pensato di adeguarsi alle abitudini romane. «Vogliamo anche noi la diaria». (Renato D’Argenio, Messaggero Veneto)