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  • Da: Assostampa FVG
  • febbraio 25, 2019

MAFIA IN VENETO, LA CRONISTA MONICA ANDOLFATTO NEL MIRINO DEI CLAN.

Anche l’Assostampa e l’Ordine Fvg dei giornalisti si sono aggiunti alle voci di vicinanza e solidarietà alla collega Monica Andolfatto, cronista del Gazzettino, segretaria del Sindacato Giornalisti Veneto, finita per ben due volte, come si apprende dopo gli ultimi arresti, nel mirino della criminalità organizzata che si era infiltrata in Veneto.

Nel 2008 la prima ipotesi di una intimidazione alla giornalista, ‘rea’ di aver scritto di alcuni episodi malavitosi verificatisi nel Sandonatese. In quella occasione l’ordine del boss fu di sparare dei colpi di pistola contro la cronista per spaventarla. Piano che saltò per l’arresto di chi doveva eseguirlo. E quando, un paio di anni dopo, Andolfatto tornò a parlare dei ‘casalesi di Eraclea’ provocò di nuovo la reazione del clan.

«Ringraziamo le forze dell’ordine e la magistratura per il grande lavoro svolto sul territorio che ha consentito di assicurare alla giustizia chi, per non essere disturbato nella sua attività criminale, voleva mettere a tacere la collega. E chiediamo alle autorità di garantire a lei e a tutti i cronisti della regione di poter svolgere in sicurezza il loro lavoro. A Monica Andolfatto diciamo che non abbiamo alcun dubbio che continuerà a onorare con la solita determinazione e passione il suo dovere di informare i cittadini», hanno detto Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, rispettivamente segretario generale e presidente Fnsi.

Ma leggiamo le parole di Monica Andolfatto.

“Grazie. Grazie. E ancora grazie. Dell’abbraccio sincero, immediato, spontaneo. Della solidarietà che mi è arrivata da tutta Italia. Ammetto che sono stata travolta dalla conferma che il capo del clan dei casalesi di Eraclea aveva ordinato di spararmi per intimidirmi nel 2008 e che il piano è sfumato perché le forze dell’ordine hanno arrestato il pregiudicato incaricato di eseguire materialmente l’intimidazione.

Ma di più sono stata travolta, in maniera positiva e tale a tratti da commuovermi, dalla grande famiglia di cui mi sento e faccio parte. Quella delle giornaliste e dei giornalisti, in primis con il Sindacato Veneto e con la  Fnsi e cito, comprendendo quanti – tanti – mi hanno scritto o telefonato, il segretario Raffaele Lorusso e il presidente Giuseppe Giulietti, ogni giorno presenti e militanti,  con l’Ordine e il suo presidente nazionale Carlo Verna. E poi ringrazio i cdr del Corriere del Veneto e del Corriere di Verona, del gruppo Gedi del Veneto e del gruppo Athesis per i comunicati di solidarietà pubblicati. E le assostampa regionali tutte: dalla Val d’Aosta alla Sardegna, dal Trentino al Friuli Venezia Giulia, dall’Emilia alla Campania, dalla Puglia alla Basilicata, al Piemonte. Mai come in questa occasione ho toccato con mano l’importanza e il sostegno di non essere e di non sentirsi isolati,  una consapevolezza – ne sono convita – frutto del lavoro quotidiano e dell’impegno costante innanzi tutto di Giulietti che non smette di spendersi a favore dei cronisti minacciati o aggrediti, con o senza tesserino in tasca.

Confesso che leggere nero su bianco nei dettagli l’ordine impartito dal boss Luciano Donadio, collegato ai clan Schiavone e Bidognetti tramite i fratelli Buonanno, mi ha scosso un bel  po’ anche se sono passati più di dieci anni. Col senno di poi ricollego e vedo sotto un’altra luce gli incontri che nel tempo ho avuto, e che nell’immediatezza non mi spiegavo, con quelli che ora definisco i miei angeli custodi. Cosa volevano da me quei finanzieri che parlavano con un marcato accento meridionale tanto che dovevo concentrarmi per capirli? Ora lo so. Vegliavano su di me. A mia insaputa. Senza farmi preoccupare. Senza spaventarmi. Senza farmi correre rischi. Li voglio ringraziare di cuore, come ringrazio il pm titolare dell’inchiesta, il sostituto procuratore dell’Antimafia di Venezia, Roberto Terzo, per aver portato a termine l’inchiesta più dirompente mai fatta nella mia regione. A rischiare in prima persona, in indagini come queste fatte sul campo e che si protraggono per oltre un decennio, sono innanzi tutto gli investigatori, in questo caso, finanzieri e poliziotti, e i magistrati. Poi c’è la gente del posto, quella che non si piega al dominio e al predominio della camorra. Camorra che è arrivata e si è radicata in Veneto perché ha trovato terreno fertile, giungendo persino, stando alle carte, a inquinare e pilotare il voto delle ultime elezioni amministrative di Eraclea. E’ la prima volta che in un comune della regione si contesta il voto di scambio nell’ambito del 416 bis, associazione a delinquere di stampo mafioso,  con l’arresto del primo cittadino e l’iscrizione nel registro degli indagati del suo vice.

Già la camorra della porta accanto. E fuor di metafora. In manette, tra gli altri veneti doc, sono finiti anche il mio vicino di casa e anche la figlia di amici d’infanzia. Per me uno choc nello choc. Con l’operazione “At last” dal nome della barca di Donadio, cade definitivamente la presunta superiorità morale dei veneti nei confronti dei malavitosi meridionali. Il che non vuol certo dire che siamo tutti delinquenti. Al contrario. Sono convinta che gli anticorpi ci sono eccome, perché le brave persone sono la stragrande maggioranza, la vera risorsa del nostro bellissimo territorio. Serve una presa di coscienza piena però per riconoscere, al di là delle risultanze investigative, che mafia, camorra, ‘ndrangheta sono un fenomeno veneto anche per la complicità locale. Ricordando che, per così dire, pure l’omissione o l’omertà sono colpevoli.

Serve reagire tutti insieme e l’appello lanciato da Avviso Pubblico e Corriere del Veneto è un’iniziativa positiva, concreta, che va sostenuta.

Occorre fare squadra. Lo ripeto sempre. Perché ci credo. Così intendo il mio lavoro di cronista. Io ci sono perché c’è il mio giornale, ci sono i miei colleghi. E non a caso la rabbia del casalese Donadio si scaglia oltre che contro di me, contro il giornale, contro il direttore.

Il giornale, il mio al pari degli altri, è frutto dell’impegno anche dei collaboratori, le nostre antenne alzate nei paesi piccoli e grandi, che sono ancora più esposti perché vivono i luoghi di cui scrivono, che hanno aiutato pure me a capire e decifrare e che sono sempre più sottopagati.

Ecco io non solo sola perché sono una giornalista che lavora con una grande squadra. E’ questa la mia forza.

Lunedì 4 marzo rilanceremo l’impegno al direttivo di Sgv a Rovigo al quale parteciperà anche il segretario Fnsi Lorusso. Mercoledì 6 marzo saremo a Padova con il presidente Fnsi Giulietti e con don Luigi Ciotti di Libera, quale tappa di avvicinamento alla XXIV Giornata nazionale della Memoria in ricordo delle vittime innocenti delle mafie organizzata da Libera sempre a Padova il 21 marzo. Tutti insieme. Sempre.

Monica Andolfatto

Cronista del Gazzettino, Segretaria Sindacato giornalisti Veneto