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  • Da: Assostampa FVG
  • aprile 03, 2015

MINACCE, PAURA DI SCRIVERE E “COLLEGANZA”

Stamani ho ricevuto una concreta minaccia da parte di una collega, via SMS: “Rimuovi l’articolo e la conversazione privata. E’ violazione della corrispondenza”. Un bel “Buongiorno!”, non c’è che dire.
L’addetta stampa della quale non faccio il nome, contemporaneamente mi ha mandato questa e-mail, che però ho letto solo più tardi: “mi sono già consultata con il mio legale. Ti chiedo di rimuovere al massimo entro un’ora quello che hai pubblicato, altrimenti procederò per violazione della corrispondenza privata querelandoti”.
Poi un altro SMS (tutto in pochi minuti): “Procederò con segnalazione all’Ordine. Violi il codice deontologico”.
Balle: non ho violato alcunché.
Contattata telefonicamente, cambia tono: “ti chiedo di togliere la nostra conversazione… io non ero autorizzata a dirti…”
Comprese le ragioni private della collega precaria, valutata la grossolanità del suo approccio per nulla professionale (prima vuole far rimuovere l’articolo, poi solo l’immagine, prima scrive a nome di.., poi dice che è privato,..), propendo per rimuovere dall’articolo l’immagine in questione (ma il testo resta nell’articolo). In ‘amicizia’. E me ne sono poi pentito.
Di cosa si tratta?
Di un brevissimo scambio epistolare col quale tento, tramite un ufficio stampa istituzionale, pagato dalla collettività, di avere risposta da un rappresentante delle istituzioni, pagato dalla collettività, su una scottante vicenda, anche questa pagata dalla collettività.
Scottante vicenda della quale avevo già scritto e per la quale, nonostante i fatti accaduti successivamente confermino in pieno la notizia da me veicolata, risulto indagato per diffamazione a mezzo stampa.
Il personaggio, così mi riferiva l’ufficio stampa, utilizzando la e-mail istituzionale, con tanto di @…gov.it, non voleva rispondermi e, verosimilmente, accampava scuse.
Io ho pubblicato queste quattro righe di ‘scuse’, dalle quali risultano gli indirizzi e-mail di mittente e destinatario e le ‘scuse’ puerili del personaggio pubblico. Non ci sono nomi e cognomi. È solo la scarna cronaca di come un rappresentante delle istituzioni evita di parlare alla stampa, incalzato da un giornalista su questioni spinose.
Chiedo alla collega, dopo che ha verificato che l’immagine che tanto la imbarazza, di lasciar perdere querele e danni, ribadendole che non ho violato alcunché, che la pubblicazione dell’immagine era legittima: la signora, in una e-mail di ‘ringraziamento’, sottolinea che il danno gliel’avrei comunque fatto ma mi ringrazia.
Le rispondo nuovamente, via e-mail, chiedendole di rinunciare a querele e ai quei “danni” che mi aveva sbattuto sotto al naso.
Via Sms mi dice che non le è arrivata nessuna e-mail. Maldestramente, si lascia aperta la porta delle vie legali… “Ottimo rapporto di colleganza”, per usare una sua espressione.
Perché questa tiri-tera? Perché non si può andare avanti così.
Oramai, ogni cosa che scrivo (e che documento!), mi minacciano o mi perseguono legalmente o tutt’e due. Adesso lo fanno anche altri giornalisti.
Ho sbagliato a rimuovere quell’immagine: dovrebbe stare lì come pezza giustificativa del finale del mio articolo.
Perché? Perché il personaggio pubblico potrebbe querelarmi e quell’immagine dovrei presentarla a mia ‘discolpa’ nell’eventualità di essere indagato, probabilmente ai carabinieri. Fanno così.
Fosse già (ancora) lì, sarebbe un buon deterrente per i querelanti temerari. Funziona così.
Ma io l’ho tolta dall’articolo: perché dopo una, due, tre, quattro,.. querele, minacce, aggressioni etc., un giornalista solo (free-lance) ha paura.
Paura di scrivere, anche a Pasqua, quella festività con la colomba e il ramoscello d’ulivo, di pace, nel becco.
Tommaso Botto