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  • Da: Assostampa FVG
  • marzo 16, 2021

SALVEZZA INPGI, C’È TEMPO FINO AL 30 GIUGNO

inpgi

Trenta giugno. In quella data – se non sarà stato avviato il risanamento – l’Inpgi verrà commissariato. Che succede nelle poche settimane che restano? Le ipotesi finali non sono più di due. Numero uno, ingresso di nuove figure professionali in Inpgi e tentativo di rilancio dell’Istituto (ultimo bilancio, disavanzo di 253 milioni). Numero due, commissariamento appunto, che conduce direttamente alla confluenza nell’Inps.

La crisi di governo ha bloccato anche questo dossier. L’ultima volta, il tavolo sull’Inpgi, con ministero del Lavoro e ministero dell’Economia, si è riunito il 22 dicembre 2020. La richiesta del Consiglio di amministrazione Inpgi era di anticipare l’allargamento della platea dei contributori. Vale a dire, il famoso ingresso dei “comunicatori”, previsto -dalla legge 58 del giugno 2019- a partire dal 2023. 

Chi sono i comunicatori? Coloro che si occupano di comunicazione, ma non hanno contratto da giornalisti. L’Inpgi chiedeva che si partisse dal 2021, anno ora in corso. Il governo deve ancora varare i regolamenti attuativi: quali e quanti comunicatori?, con quali modalità va effettuato il passaggio?

Il ministro del Lavoro del governo Conte 2, Nunzia Catalfo, Movimento 5 Stelle, non era una presenza particolarmente benevola a quel tavolo, in linea con la generale ostilità del consesso di Grillo nei confronti dei giornalisti. 

Due mesi e mezzo dopo quell’ultimo incontro, i vertici Inpgi hanno ripreso la tela strappata. Hanno scritto al nuovo ministro del Lavoro, Andrea Orlando, Pd (sembra peraltro che il ministro Catalfo non abbia indicato al suo successore il caso Inpgi fra quelli prioritari). Hanno scritto al nuovo ministro dell’Economia, Daniele Franco. Hanno incontrato il nuovo ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, che ha giurisdizione sul settore pubblico dei comunicatori. Hanno preso contatto con Giuseppe Moles, nuovo sottosegretario all’Editoria. E mantengono strette relazioni con Antonio Funiciello, che è nel consiglio di amministrazione Inpgi ed è diventato capo di gabinetto del presidente del consiglio Draghi.

Questi gli uomini chiave. Per riprendere il filo da dove era stato lasciato cadere. Quando il tavolo sarà ricomposto, l’Inpgi tornerà a chiedere l’anticipo dell’ingresso dei comunicatori. La legge del 2109 stanzia, per otto anni, i rimborsi all’Inps per i contributori che perderebbero perché trasferiti all’Inpgi. Se la data di avvio fosse anticipata, andrebbero trovati i fondi per rimborsare l’Inpgi anche per il 2021 (metà anno ormai) e il 2022.

Il problema è che i comunicatori non sono impazienti di trasferirsi all’Inpgi, ente in grave crisi. In particolare, i comunicatori dipendenti di imprese private, circa 8500. Alcuni di loro la chiamano “deportazione”. Più semplice sarebbe il passaggio dei comunicatori dipendenti di imprese pubbliche, circa 5500. Secondo i calcoli dello stesso Inpgi, i comunicatori pubblici porterebbero in dote circa 56 milioni annui di contributi, dote non sufficiente a risanare i conti. Quindi, l’Inpgi vorrebbe ricominciare a parlare dell’ipotesi totale, 14mila trasferimenti, che grosso modo porterebbero in dote 140 milioni l’anno. Coinvolgendo al tavolo anche i rappresentanti dei comunicatori, in modo che possano manifestare le loro perplessità e avanzare le loro proposte. Che possano ricevere eventuali garanzie sulla solidità dell’ente e mantenere eventuali condizioni di maggior favore di cui oggi godono. Un lavoro di diplomazia è stato svolto in questi mesi, in particolare con i sindacati confederali, che rappresentano una bella fetta della categoria, soprattutto nei settori del commercio e dei servizi.

Un altro argomento da far valere, per Inpgi, sarà il rimborso da parte dello Stato della spesa non previdenziale: tutto quello cioè che l’Inpgi spende per prepensionamenti, disoccupazione, cassa integrazione, contributi figurativi per i giornalisti che diventano politici. Negli ultimi dieci anni circa 500 milioni se ne sono andati per tali oneri. Per il 2021 questo rimborso è stato concesso. La richiesta sarà di andare avanti anche per i prossimi anni, mentre impervia appare l’ipotesi di un ristoro sul passato. 

Se il governo vuole, la soluzione di tutto il problema – secondo i dirigenti Inpgi – è pronta in 15 giorni. L’Inpgi ha già approntato -nel caso che venga anticipato l’ingresso dei comunicatori- un mini piano di risparmi da aggiungere: contributo di solidarietà dell’uno per cento da parte di attivi e pensionati, abbassamento delle possibilità di cumulare pensione e lavoro, taglio dei compensi per gli amministratori dell’Istituto.

Questa è la strada stretta e ardua, soprattutto perché i giorni passano veloci. Se tutto ciò non si realizzerà, la dirigenza che guida l’Inpgi e Controcorrente, la componente sindacale che l’ha espressa, non sarebbero intenzionati a chiedere un’ennesima proroga del commissariamento oltre il 30 giugno.

Cosa potrà fare il commissario? Equiparare il trattamento Inpgi a quello dell’Inps: oggi l’Inpgi garantisce prestazioni migliori per pensioni di anzianità e disoccupazione. Retrodatare – come già preannunciato – l’adozione del calcolo contributivo di dieci anni (dall’entrata in vigore della legge Fornero). Questo provvedimento dovrebbe riguardare le pensioni future e non quelle in essere, per le quali si possono temere ricorsi giudiziari basati sui diritti acquisiti. Per poi far confluire l’Inpgi nell’Inps. 

Una parte della categoria preme invece per la “garanzia pubblica” senza Inps. Il ripiano cioè degli eventuali deficit anno dopo anno. Questa richiesta è fuori dal tavolo delle trattative, ma ci sono duemila e cento firme sotto un appello al presidente Mattarella. Capitanate da firme illustri come Vespa, Purgatori, de Bortoli, Annunziata, Padellaro, Letta, Emiliani. 

(da Professione Reporter)