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  • Da: Assostampa FVG
  • ottobre 26, 2011

SIDDI DA TS / 1

”Il giornalismo italiano purtroppo in queste giornate drammatiche e delicate per l’economia e la finanza e anche la politica italiana su alcuni temi come quello delle pensioni salvo poche eccezioni sembra seguire quasi acriticamente il corso dell’opinione politica che appare piu’ corrispondente alle correnti di pensiero dell’establishment”. Lo ha affermato il segretario generale della Fnsi durante il seminario organizzato a Trieste sul welfare di categoria, aperto al Circolo della Stampa dal presidente Assostampa Fvg Carlo Muscatello e dal presidente Inpgi Andrea Camporese, cui sono seguite le relazioni del fiduciario regionale Inpgi Roberto Carella, del direttore generale Tommaso Costantini e della dirigente Francesca Merante. Al seminario hanno partecipato colleghi del Veneto e del Fvg.
Siddi chiude categoricamente a interventi restrittivi finalizzati unicamente a fare cassa e a considerare le persone e le loro famiglie solo come numeri di bilancio da fare quadrare. ”Sulle pensioni – dice Siddi – occorre sicuramente piu’ prudenza e rigore, piu’ aderenza ai dati di fatto. Il problema italiano non e’ tanto strutturale quanto di cassa e non si puo’ intervenire sulle pensioni per fare cassa”. ”Il sistema pensionistico, se si rispettano le regole, e’ autosufficiente – aggiunge Siddi – e pecca semmai di inadempienze. Siamo l’unico paese dell’Europa occidentale che non restituisce nulla a chi versa contributi per meno di cinque anni. Chi viene a trovarsi in questa condizione, soprattutto immigrati, avra’ finanziato ”a perdere” l’Inps. In Germania un immigrato italiano che abbia lavorato almeno un anno all’eta’ della pensione ha la sua rendita, sia pure minima, perche’ c’e’ un patto sociale che deve essere onorato”. ”Quanto all’eta’ i giornalisti – sottolinea Siddi – hanno fatto la loro parte e se lo Stato italiano avesse avuto considerazione per le buone pratiche applicate sarebbe molto piu’ avanti: La pensione di anzianita’ fra due anni sara’ possibile solo a 62 anni di eta’ ma chi vorra’ mantenerla, chiedendo la prima, ha una forte penalizzazione disincentivamente. La generalita’ dei cittadini invece l’avra’ presto solo a 62 anni, un’eta’ ben superiore a quella dei francesi”. ”Il nodo dell’anzianita’ riguarda il pregresso, le pensioni facili, per le quali paghiamo tutti un debito pesante. Oggi invece – spiega Siddi – riguarda le espulsioni dal lavoro per le quali le principali aziende – anche nell’editoria – che oggi chiedono di portare l’eta’ pensionistica intorno ai 70 anni, chiedono ogni anno massicci prepensionamenti di persone attive e validissime che hanno la colpa di avere 58 anni di eta’. Forse bisogna guardare meglio la realta’ delle cose pensare ad altro ed e’ strano che in questo paese non si parli di patrimoniale, sia pure limitata nel tempo, benche’ alcuni imprenditori importanti riconoscono che questa sia una strada di salvezza nella transizione terribile in cui viviamo”. ”Noi come categoria sindacalmente impegnata nella gestione automa del nostro istituto di previdenza, sostitutivo degli obblighi dello Stato, ci preoccupiamo – conclude il segretario della Fnsi – della coesione sociale
e delle famiglie. Il dibattito di queste ore sembra ridurre le persone e le famiglie a un valore dei bilanci delle finanziarie non dei beni e delle persone che lo Stato deve tenere insieme”.