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  • Da: Assostampa FVG
  • marzo 12, 2013

SITUAZIONE RCS / da AUTONOMIA E SOLIDARIETA’

riceviamo da Autonomia e Solidarietà e diffondiamo:

L’amministratore delegato di RCS Mediagroup Pietro Scott Jovane ha illustrato in varie sedi nelle scorse settimane un piano industriale devastante per l’occupazione in cui si prospetta tra l’altro il taglio di ottocento posti di lavoro tra i dipendenti, cui si aggiungerà una falcidia tra i collaboratori. A una prima lettura sembrerebbe l’inasprimento di una tendenza manifestatasi negli ultimi anni, gli anni della crisi dell’editoria, che ha portato a chiusure di aziende, chiusure di giornali, riduzioni di organici e riorganizzazioni malamente orientate verso un confuso modello multimediale. Una linea sulla quale abbiamo già visto all’opera anche la stessa RCS che due anni fa ha raggiunto accordi sindacali per decine di prepensionamenti tra Corriere, Gazzetta e periodici. Tuttavia la realtà non è questa. Jovane prospetta un intervento che ha esclusivamente natura finanziaria. RCS si è indebitata in misura raccapricciante grazie a operazioni insensate come l’acquisto di Recoletos, costato mille e cento milioni di euro in base a sopravvalutazioni incomprensibili e rivelatosi un flop colossale. Ora deve rinegoziare il debito con le banche, le banche chiedono la ricapitalizzazione e i soci sono disposti a ricapitalizzare, poco, solo a fronte della garanzia di dividendi. È chiaro a chiunque che per ottenere dividendi ci sono due strade: investire in sviluppo e nuovi prodotti puntando a un aumento dei ricavi o tagliare i costi, e quindi cosa sceglie l’AD di RCS? Ovviamente i tagli. Se poi le banche dovessero dire che quattrocento milioni di ricapitalizzazione non bastano, come qualcuno ha già detto, cosa farà Jovane per garantire i dividendi? Raddoppierà i tagli?
Questa finanza che gioca le sue partite sulla pelle di donne e uomini, giornalisti e impiegati, italiani e spagnoli, buttandoli in mezzo a una strada pur di far girare la fabbrica dei soldi a proprio esclusivo vantaggio, tra bonus e emolumenti stratosferici, sta dimostrando in RCS la sua faccia più brutale e inaccettabile. L’editoria italiana non ha bisogno di questi manager, di questi progetti, di questa filosofia. Fingere di vendere dieci testate a qualcuno che ha solo la missione di chiuderle, facendo il lavoro sporco di chi siede nel salotto buono e non può rovinarsi la reputazione è un altro espediente che troppe volte abbiamo visto, ma che ormai risulta scoperto fin dal primo annuncio. Blandire i colleghi del corriere dicendo che forse possono restare in via Solferino se accettano di tagliare qualche testa in più è un’altra mossa classica di chi in realtà considera l’informazione come un mezzo, o un giocattolo, con cui trastullarsi tra un Cda e l’altro. La vecchia sporca mossa di chi divide la controparte, da una parte chi merita il dialogo, dall’altra i sommersi comunque. RCS si fermi! Da un’impresa editrice di questa importanza esigiamo impegno, investimenti, sviluppo, idee, innovazione. Se l’editoria italiana si dovesse avviare lungo la strada indicata da Pietro Scott Jovane sarebbe la strada del suicidio, imboccata in nome dei dividendi contro i valori dell’informazione e del lavoro.